domenica 10 aprile 2011

IL DOTTOR STRACQUADANIO

Il Dottor Stracquadanio

di Marco Travaglio
Non essendo riuscito a dissimularla ad Annozero, tanto vale che io confessi la mia irrefrenabile passione per l’on. Giorgio Clelio Stracquadanio, milanese, classe 1959, già portaborse di Tiziana Maiolo antiproibizionista e rifondatrice comunista, poi deputato del partito più proibizionista e anticomunista della storia dopo una capatina nella Democrazia cristiana per le Autonomie, insomma “giornalista e politico italiano”. Appresa la notizia della sua partecipazione al programma di Santoro, un amico del Pdl mi aveva suggerito di insistere sul fatto che il tapino non è laureato, il che lo fa molto soffrire visto che si picca di essere un uomo di cultura prestato alla politica e se ne autocompiace nelle sue ospitate televisive finora confinate alla nicchia dell’Infedele dove anestetizza il pubblico con astruse dissertazioni storico-politologiche. Avevo però deciso di non usare questo argomento polemico per due motivi. 1) L’Italia è piena di geni senza laurea e di coglioni con due o tre lauree. 2) È una grande conquista della democrazia che accedano alle massime cariche dello Stato persone di ogni ceto e censo, incluso chi non ha potuto completare gli studi. Purtroppo però l’on. Giorgio Clelio se l’è cercata. Per il suo esordio nell’empireo della tv dei grandi numeri, si era messo tutto in ghingheri. Abito di sartoria vagamente metallizzato; scarpa lucidissima; toupet di saggina e licheni che, nonostante la tintura fresca a metà fra il mogano e il tramonto sul Bosforo, faceva scalino col colorito della chioma originale superstite; iPad ultimo modello da cui fingeva di attingere informazioni a getto continuo; sorriso d’ordinanza rimasto intatto dalla fresca visita a Palazzo Grazioli, dove aveva ricevuto il training presidenziale, il sacro viatico del capo e, a titolo di incoraggiamento, uno stock di cravatte Marinella. Poco prima del calcio d’inizio, un giro di campo per stringere la mano agli altri ospiti, visibilmente entusiasta di essere stato invitato e, soprattutto, di essere Stracquadanio. Poi, appena avuta la parola, non l’ha più mollata. Era dai tempi di Elio Vito, l’altro misirizzi ex-radicale che mitragliava “comunista-comunista-comunista” contro chiunque si permettesse di parlare prima o dopo di lui, che non si vedeva in tv un guastatore tanto molesto. Raggiunto finalmente, all’età di 52 anni, il suo attimo di celebrità, ha deciso di sfruttarlo fino in fondo per poi tornare dal capo e riceverne stavolta, in segno di gratitudine, una farfallina dorata o una Mini Cooper al posto delle consuete cravatte. Così ha iniziato a incrementare l’inquinamento acustico e visivo, per giunta in fascia protetta, facendo la punta a qualunque cosa si dicesse in studio. “Bindi, non può dire queste cose”, “Santoro, sia preciso”, “La Costituzione è una cosa seria, bisogna conoscerla”, “È falso che Ruby sia stata fermata per furto” e altre baggianate. Il top l’ha toccato quando, fra una prolusione sulla storia del comunismo e una sugli anni di piombo, tutti temi di bruciante attualità, ha dato lezioni di giornalismo a Santoro e Valentini, di procedura penale a Boccassini e Bruti Liberati, di diritto costituzionale a Rosy Bindi (già assistente del giurista Vittorio Bachelet). A quel punto era proprio obbligatorio sapere da quale cattedra eserciti le sue libere docenze. E dall’alto di quale titolo di studio. Cepu? Laurea per corrispondenza? Scuola Radio Elettra? Master coi punti della Miralanza? Erano, queste, le sole domande in grado di azzittirlo: avrebbe dovuto rispondere come Mourinho “zero tituli” e non gli pareva il caso. Così taceva, arrossiva, divagava. E, se uno non riusciva a trattenere le risa, intimava “Lei non rida”. Ho risposto: “Smetterò di ridere quando lei smetterà di farmi ridere”. “Ma io quando parla lei non rido”. “Si vede che io non faccio ridere”. Al termine, dopo aver disgustato milioni di telespettatori, s’è molto beato della performance auspicando dall’imbarazzata redazione di Annozero nuovi e copiosi inviti: “Sono andato bene, mi pare: abbiamo volato alto”. Come no: Icaro e Pindaro gli fanno una pippa.

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