sabato 16 ottobre 2010

WILCOJOTE IL CAPO AZIENDA

Di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano

La prima, unica e ultima volta che ho incontrato “il Capoazienda”, come suole definirsi Mauro Masi in un idioma da film di Fantozzi, fu nel suo ufficio all’ottavo piano di Viale Mazzini 14. Fu esattamente un anno fa, per parlare del mio contratto siglato alla quinta puntata di Annozero. Il Capoazienda arrivò tutto sudato e trafelato, camicia bianca aperta fin quasi all’ombelico sotto un completo gessato blu a righe larghe che nemmeno nella Chicago anni Trenta. Tenne subito a precisare di essere “un giurista”, poi mi raccontò delle sue numerose mogli e della sua ancor più numerosa prole sparsa per il mondo. Per rompere un po’ il ghiaccio gli domandai se si divertisse a fare il direttore generale (pardon, il Capoazienda) della Rai e lui rispose di no: “I politici mi mettono in croce, una rogna dopo l’altra”. Obiettai che mica gliel’aveva ordinato il medico, ma non parve far caso alle mie parole. Mi disse che ci saremmo sentiti spesso per parlare delle mie rubriche ad Annozero, infatti non lo sentii né lo vidi mai più. Ora ho letto che vorrebbe affiancarmi, per assicurare la par condicio e il contraddittorio, Vittorio Sgarbi, quello che quando vuol fare un complimento a qualcuno lo chiama pezzo di merda e, quando è proprio in vena di elogi, gli concede “merda intera”. L’auspicio del Capoazienda è particolarmente coerente con la decisione di squalificare Santoro per due giornate (10 giorni, esclusi i weekend) per aver detto “vaffanbicchiere” agli ipotetici capiazienda di un’industria vetraria che lui, il Capoazienda, ha identificato in se stesso. Evidentemente, quando sente volare un vaffa, pensa subito che sia per lui.

Sento dire che ultimamente non è molto popolare nemmeno a Palazzo Grazioli, dov’è stato nominato Capoazienda. In poche ore la geniale mossa di castrare la Rai per punire Santoro ha raccolto la più viva disapprovazione, nell’ordine, di: Ghedini, Formigoni, Feltri, Belpietro, i finiani al gran completo (cioè escluso Barbareschi), più tutto il centrosinistra. Un replay del caso pietoso di Claudio Scajola, che fu difeso dal Giornale e da Libero fino alla vigilia delle dimissioni, quando B. fece sapere che l’aveva scaricato: a quel punto Feltri e Belpietro gli spararono contro, tanto il malcapitato aveva già in tasca la lettera di dimissioni. I bene informati assicurano che anche il Capoazienda ha i giorni contati: pare che le sue tecniche di censura siano state talmente maldestre e controproducenti da far imbestialire persino B., che pure dall’editto bulgaro in poi non si era risparmiato nulla. Del resto ci vuole del genio per applicare la par condicio non solo alle notizie, ma persino alle interviste, agli ospiti, alle vignette e agli applausi del pubblico. Ci vuole una notevole impermeabilità al ridicolo per epurare un comico come Enrico Bertolino non solo cancellando il suo programma, ma addirittura vietandone la presenza come ospite in quelli di altri. E ci vuole una totale allergia al talento per trattare Freccero peggio di una colf. Da quando mise piede in Rai, il suo mandato era semplice fino alla banalità: chiudere Annozero. Ci ha provato in tutti i modi, esclusi quelli efficaci, infatti Santoro è sempre lì e con ascolti da favola (diversamente da quelli raccolti dai protagonisti del “pensatoio Masi”: Vespa, Minzolingua, Minoli e quel che resta di Costanzo).

L’anno scorso il Capoazienda cercava pretesti di ogni genere, di sponda con l’Agcom, per stecchire Annozero “ex post” (“ex ante è roba che manco nello Zimbabwe”, spiegava da vero giurista al telefono col presunto garante Innocenzi, lamentando che Santoro non si decidesse a “farla fuori dal vaso”). Poi, stufo di aspettare, chiuse tutti i programmi pur di fulminare Annozero: persino Porta a Porta, Ballarò e il Paragone del venerdì. Ma l’inchiesta di Trani svelò mandante e movente dell’operazione e Santoro, con Raiperunanotte, trasformò la censura in trionfo. Il Capoazienda pareva avercela fatta quest’estate, quando avviò la trattativa per l’uscita di Santoro dalla Rai, ma pasticciò a tal punto che alla fine tutto saltò e Annozero ricominciò. Lui tentò il penoso escamotage dello “Spazio Santoro”, ma non gli riuscì nemmeno di cambiare il titolo alla trasmissione. Ora che pareva finalmente avercela fatta per un paio di turni, Santoro ricorre all’arbitrato che sospende la sospensione e rischia seriamente di rimandarlo in onda anche giovedì prossimo. Masi, ormai in stato confusionale, non trova di meglio che querelare una vignetta di Vauro. È come il Wilcoyote che semina bombe e trappole per acchiappare Bip Bip, salvo poi saltare in aria lui. Triste fine, per il fine Giurista e l’insigne Capoazienda di TeleZimbabwe. Una prece.

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