sabato 20 novembre 2010

IL MEDIATORE CON I BOSS

Di Marco Lillo e Giuseppe Lo Bianco - IL FATTO QUOTIDIANO

  Per quasi vent'anni Silvio Berlusconi ha preferito pagare la mafia pur di non denunciare le estorsioni subite: dall'arrivo di Vittorio Mangano ad Arcore al pizzo delle antenne palermitane dei primi anni '80. Se fosse iscritto a Confindustria dovrebbe essere immediatamente espulso. Per garantirsi la tranquillità ha incontrato a pranzo boss del calibro di Bontade e Teresi, e si è persino vantato con i carabinieri di pagare i criminali per stare tranquillo: ''via, maresciallo, per trenta milioni...!''. Lo ha fatto grazie alla ''mediazione'' del suo braccio destro, Marcello Dell'Utri, condannato per mafia a sette anni nel giugno scorso. Non sono le parole di una ''toga rossa', ma quelle della corte di appello di Palermo che ha depositato in 641 pagine le motivazioni della condanna del senatore Marcello Dell'Utri a sette anni per concorso in associazione mafiosa da cui emerge un quadro sconcertante   dei rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra. E l pm che ha sostenuto l’accusa in primo grado, Antonio Ingroia, commenta: “non posso che esprimere soddisfazione perchè è un’ulteriore conferma della bontà dell’impianto accusatorio del processo di primo grado". E cioe' che quella del suo braccio destro, Marcello Dell'Utri, non era un’innocua amicizia con Vittorio Mangano, il suo ''eroe'', soggetto dalle parentele “ingombranti”.   rapida ascesa economica in quella ricca regione''. E dunque Mangano fu assunto ad Arcore come "stalliere" non tanto per accudire i cavalli ma per garantire l'incolumità di Silvio Berlusconi'', "avviando un rapporto parassitario protrattosi per quasi due decenni". Berlusconi avrebbe pagato "ingenti somme di denaro in cambio della protezione alla sua persona e ai familiari". La vicenda dei pagamenti da parte del Cavaliere si intreccia, secondo i giudici, con altri versamenti per la "messa a posto" della Fininvest che all'inizio degli anni '80 aveva cominciato a gestire alcune emittenti televisive in Sicilia. 'Sfruttando proprio quell’amicizia e quel rapporto che lo collegavano direttamente   ai vertici della potente criminalità organizzata siciliana - scrivono i giudici - Dell'Utri ha fornito un indubbio, rilevante ed insostituibile contributo all’associazione mafiosa cosa nostra consentendo ad essa di imporre ed attuare la consueta attività estorsiva ai danni del facoltoso imprenditore milanese al quale, secondo le usuali modalità operative del sodalizio criminale, furono sistematicamente estorte per quasi due decenni ingenti somme di denaro in cambio della “protezione” alla sua persona ed ai familiari''.   Ma, chiariscono subito dopo i giudici, si tratto' di una ben singolare estorsione, perche' condivisa, e a tratti cercata, dallo stesso Berlusconi: ''Si ha conferma quindi che almeno in quegli anni ’70 e ’80 - e' scritto nella sentenza - il Berlusconi, pur di stare tranquillo, preferisse trovare soluzioni accomodanti subendo ed accettando richieste estorsive piuttosto che rifiutarle denunciando i fatti all’Autorità''. Emblematica, al riguardo, la telefonata con Dell'Utri del 29 novembre poche ore dopo l’espolosione dell’ordigno collocato sulla recinzione della villa di via Rovani a Milano. Berlusconi, ridendo, riferiva al suo interlocutore il contenuto del colloquio già avuto con i Carabinieri di Monza: Ah, si? In teoria, se mi avesse telefonato, io trenta milioni glieli davo!" (ride). Scandalizzatissimi   : "Come, trenta milioni? Come? Lei non glieli deve dare che poi noi lo arrestiamo!". dico: "Ma no, su, per trenta milioni!"   cosa nostra e l’imputato Marcello Dell’Utri”. Così la Corte di Appello di Palermo concede a Marcello Dell’Utri un’assoluzione per la fase politica del suo impegno in favore di Silvio Berlusconi sul fronte siciliano. Questa frase rappresenta però anche un argomento potentissimo da spendere sul fronte mediatico che i giudici consegnano a Berlusconi. Per sanare tutto quello che è stato finora scritto, testimoniato e intercettato sui rapporti tra Forza Italia e la mafia e sul ruolo di Dell’Utri i giudici impiegano poco meno di 300 pagine.   Sussistono “prove dimostrative del fatto che l’imputato Marcello Dell’Utri, relazionandosi con esponenti mafiosi, abbia contribuito, con accordi e promesse, a suscitare o anche rafforzare il convincimento che Cosa nostra, offrendo sostegno al nuovo   partito, avrebbe ottenuto concreti vantaggi”.

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