domenica 13 maggio 2012

MI DISSOCIO IO

Di Piergiorgio Paterlini



Questi albanesi ne sanno una più del diavolo. Hanno costruito la finta laurea di Renzo Bossi solo per far dimettere il padre dalla guida della Lega, che era uno dei grandi problemi, come tutti sanno, del popolo e dei governanti di Tirana.


Renzo Bossi ha detto infatti che lui non ne sapeva niente, non ne aveva mai neanche sentito parlare fino a pochi giorni fa. Esattamente come noi. Di più: mi dissocio – ha detto testualmente – da quella laurea albanese.


C’è uno che compra una casa a propria insaputa, un altro che la ristruttura sempre a propria insaputa, un altro ancora che va in vacanza senza pagare e lo fa ancora una volta a propria insaputa e allora perché Renzo Bossi non dovrebbe dichiarare di essersi laureato senza accorgersene? Che poi, se ci pensate bene bene, non è uno “scenario” così surreale. Rifletteteci un attimo: è più probabile – nel remoto caso in cui – che Renzo Bossi si laurei sapendo cosa fa o come in trance? Rispondetevi da soli.


Ma è la parola “dissociazione” che mi ha colpito. Prima mi ha fatto ridere piegato in due: uno che si “dissocia” dalla propria laurea ancorché finta non l’avevo ancora mai sentito. Ma poi ho pensato al significato della parola dissociazione in questi decenni: la dissociazione dal terrorismo, dalla mafia… Una parola coraggiosa, piena di memoria, densa, importante, legata a vicende umane e sociali e politiche cariche di umanità e di tragedie. Vederla utilizzata da Renzo Bossi nel grottesco tentativo di smentire ciò che non è smentibile (carta canta), usata senza alcuna consapevolezza e coscienza né della storia peraltro recente del nostro Paese né del significato delle parole stesse, questo mi ha fatto infuriare. Il disprezzo per le parole è peggio perfino della scelta molto vile cui è servito: essere beccato con le mani nella marmellata e dire: mani? perché, sono mani queste? ah, sono le mie mani queste? ma guarda che strano, chissà come ci sono finite nel barattolo… marmellata? quale marmellata?


Una volta chi veniva pescato con le mani nel sacco non si metteva a fischiettare con il naso all’insù fingendo di cadere dalle nuvole: quali mani? quale sacco, alla peggio si arrampicava sugli specchi, cercando improbabili patetiche spesso penose giustificazioni. Ma sempre meglio che negare l’evidenza. E sempre meglio di questo incivile disprezzo per le parole.

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