martedì 25 settembre 2012

PRENDI 5 PAGHI 1

Grazie al Sole 24 Ore

Allarme rosso per il credit crunch. È un calo vertiginoso quello registrato sui prestiti bancari alle imprese a breve e medio termine. Nel giro di 13 mesi, dal giugno 2011 a luglio 2012, lo stock dei finanziamenti concessi dalle banche alle società non finanziarie è passato da 489,54 a 417,05 miliardi di euro, con una riduzione del 3,92%.
Per quanto riguarda i prestiti a 1 anno, si è passati dai 347,69 mld dello scorso anno ai 340,63: vale a dire 7,05 mld in meno a disposizione delle aziende con una variazione negativa pari al 2,07%. Ancora più marcato il taglio degli impieghi se si guarda la fascia del credito da 1 a 5 anni: lo stock è sceso a 130,42 mld registrato a luglio 2012 rispetto ai 141,85 del giugno 2011: 11,42 mld in meno in discesa dell'8,76%». Queste le conclusioni più rilevanti della analisi condotta dal Centro studi di Unimpresa.
Secondo il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, «viene a mancare la liquidità quotidiana, la cassa, i soldi per pagare i fornitori e gli stipendi. Quando i grandi banchieri affermano che il cavallo non beve dicono il falso: se esiste qualche riduzione sul fronte delle richieste c'è nei finanziamenti di lunga durata, destinati per natura agli investimenti; sul versante del breve e medio periodo il ritmo delle richieste non cala, perchè si tratta di flussi per la cassa».
E ancora: «È un segnale che le micro, piccole e medie imprese del Paese tastano ogni giorni recandosi dai funzionari di banca, i quali negano quasi sistematicamente qualsiasi richiesta di credito. Il comportamento delle banche è pericoloso e dannoso: hanno comprato a mani basse denaro a tassi stracciati, l'1%, dalla Banca centrale europea e, invece di impiegarlo sul mercato per la crescita economica, lo hanno investito nei BTp con interessi anche oltre il 5%, assicurandosi un guadagno secco e a portata di mano di circa quattro punti percentuali». Per Longobardi «così non si aiuta la ripresa, ma si fa letteralmente affondare il Paese.
Non solo. «Il rischio - spiega ancora Longobardi - è quello di distruggere un tessuto fitto di filiere su cui si poggia anche la media e grande impresa. Senza contare che si stanno mettendo a repentaglio centinaia di migliaia di posti di lavoro, che una volta persi deprimeranno ancora di più i consumi interni.
Di un dato si è certi: chi sopravvivrà alla mattanza praticata dagli istituti di credito uscirà dal 2012 ancor più stremato». Secondo il presidente di Unimpresa «non poche responsabilità vanno individuate nelle autorità di vigilanza e pure nell'attuale Governo guidato da Mario Monti che con il mondo bancario è stato assai generoso e dal quale avrebbe dovuto e potuto ottenere ampie garanzie per il rilancio dell'economia attraverso i flussi finanziari alle imprese».

3 commenti:

  1. non lo trovo un articolo degno di nota ed il sig longobardi risulta molto partigiano e molto poco informato sullo stato dell'arte del settore del credito in italia

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  2. Peccato. Perché la tesi di Longobardi é confutata da fior di economisti italiani.....

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  3. SIG BLOGGER ANACLERIO NON E' DIFFICILE PENSARLA ALL'UNISONO QUANDO SI E' A LIBRO PAGA DI UNO STESSO PANTALONE, QUESTI ECONOMISTI CI VENGANO A DIRE CON QUALI STRUMENTI SI PUO' RECUPERARE I CREDIT CRUNCH NEL PAESE PIU' LADRONE ARRAFFONE MALAVITOSO LASCIVO E BUGIARDO E SOPRATUTTO EVASORE NEL MONDO, NO LA LEGGE NON E' UGUALE PER TUTTI, IN ITALIA I PIU' PERDONO ED I POCHI VINCONO E SI RICICLANO SEMPRE!!!

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